ΕΥΓΕΝΙΟΣ ΜΟΝΤΑΛΕ (EUGENIO MONTALE) - ΔΥΟ ΠΟΙΗΜΑΤΑ
Η φήμη και ο δημόσιος φόρος
Μου τηλεφώνησαν για να ρωτήσουν τι σκέφτομαι
για τη Διδώ και άλλες ντίβες σήμερα ανεστημένες
στην τηλεόραση·
αλλά οι κλασικοί στέκονται ψηλά, μόλις τους φτάνουμε
με την σκάλα.
Αργότερα το ράφι άγγιξε τον ουρανό,
τα νέφη και χάθηκε από την μνήμη.
Τίποτα κλασικό δεν μένει έξω από τα μπουκάλια
παλλώμενα σαν ραβδιά από έναν τσαρλατάνο σε βίντεο.
Τίποτα πραγματικά δεν μένει αν όχι τα αποτυπώματα
δαχτυλικά αφημένα από τον monssù Travet
σ’ ένα φύλλο χαρτί τσαλακωμένο, μισοδιπλωμένο με μια καρφίτσα.
Εκεί μέσα δεν υπάρχει η Διδώ ή άλλοι αθάνατοι.
Δεν υπάρχει λύπη ούτε χαρά, μόνο ένα μονόγραμμα και λίγα
σκύβαλα.
μετάφραση Κοκολογιάννης Κωνσταντίνος
Χωρίς αιφνίδιες μεταβολές
Οι εποχές
είναι σχεδόν εξαφανισμένες.
Ήταν όλα μια απάτη των Πνευμάτων
του Αιθέρα.
Δεν μπορεί να είναι ζωντανοί
σε στιγμές, σε σκιρτήματα, σε φυγή και απόδραση
μακρές και βραχύες
Ή ζωντανοί ή νεκροί, η αιώρα
δεν μπορούσε να διαρκέσει πέρα από την αιώνια
φευγαλέα παιδική ηλικία.
Τώρα ξεκινά ο κύκλος της στασιμότητας.
Οι εποχές αποχαιρέτισαν
χωρίς υποκλίσεις ή γιορτές, κουρασμένες
από τις εναλλαγές. Δεν θα είμαστε πιο
λυπημένοι ή ευτυχισμένοι, πουλιά της αυγής ή της νύχτας.
Δε θα ξέρουμε ούτε
πια είναι η γνώση και πια η άγνοια, ζωή
ή σχεδόν ή τίποτα ακριβώς. Είναι νωρίς είπε,
τα υπόλοιπα θα τα δούμε όταν θα γίνουν
μετάφραση Κοκολογιάννης Κωνσταντίνος
Intervista a Eugenio Montale
Eugenio Montale
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« Per la sua poetica
distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori
umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni. »
(Motivazione per l'attribuzione del Premio Nobel per la letteratura, nel 1975)
Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981) è stato un poeta, giornalista e critico musicale italiano, premio Nobel per la letteraturanel 1975.
Biografia
Anni giovanili
Eugenio Montale nacque a Genova, in un palazzo dell'attuale corso Dogali, nella zona soprastante Principe, il 12 ottobre 1896, ultimo dei sei figli di Domenico Montale e Giuseppina Ricci, esponenti della media borghesia genovese. Il padre era comproprietario di una ditta di prodotti chimici, la società G. G. Montale & C., tra l'altro fornitrice di Veneziani S.p.A., azienda presso cui era impiegato Italo Svevo[1][2].
Formazione
Sebbene per lui vengano
preferiti, a causa della sua salute precaria, i più brevi studi tecnici
in luogo di quelli classici e venga dunque iscritto nel 1915 all'istituto
tecnico commerciale "Vittorio Emanuele", dove si diplomerà in
ragioneria, il giovane Montale ha la possibilità di coltivare i propri
interessi prevalentemente letterari, frequentando le biblioteche
cittadine e assistendo alle lezioni private di filosofia della sorella
Marianna, iscritta a Lettere e Filosofia.
La
sua formazione è dunque quella tipica dell'autodidatta, che scopre
interessi e vocazione attraverso un percorso libero da condizionamenti.
Letteratura (Dante, Petrarca, Boccaccio e Gabriele D'Annunzio su
tutti, autori che lo stesso Montale affermerà di avere "attraversato") e
lingue straniere sono il terreno in cui getta le prime radici la sua
formazione e il suo immaginario, assieme al panorama, ancora intatto,
della Riviera ligure di levante: Monterosso al Mare e le Cinque Terre, dove la famiglia trascorre le vacanze.
«Scabri ed essenziali», come egli definì la sua stessa terra, gli anni della giovinezza delimitano in Montale una visionedel
mondo in cui prevalgono i sentimenti privati e l'osservazione profonda e
minuziosa delle poche cose che lo circondano – la natura mediterranea e
le donne della famiglia. Ma quel "piccolo mondo" è sorretto
intellettualmente da una vena linguistica nutrita di queste lunghe
letture, finalizzate soprattutto al piacere della conoscenza e della
scoperta.
«Scabri ed essenziali», come egli definì la sua stessa terra, gli anni della giovinezza delimitano in Montale una visione
In questo periodo di formazione Montale coltiva inoltre la passione per il canto, studiando dal 1915 al 1923 con l'ex baritono Ernesto Sivori,
esperienza che lascia in lui un vivo interesse per la musica, anche se
non si esibirà mai in pubblico. Riceverà comunque già nel 1942 dediche da Tommaso Landolfi, fondatore con altri della rivista Letteratura.
Grande Guerra e avvento del Fascismo
Entrato all'Accademia militare di Parma,
fa richiesta di essere inviato al fronte, e dopo una breve esperienza
bellica (rimase al fronte all'incirca dal gennaio al novembre del '18)
in Vallarsa e Val Pusteria, viene congedato nel 1920.
Negli anni tra il '19 e il '23, conosce a Monterosso Anna degli Uberti (1904-1959),
protagonista femminile in un insieme di poesie montaliane, trasversali
nelle varie opere, note come "ciclo di Arletta" (chiamata
anche Annetta o capinera).
Nel 1924 conosce la giovane di origine peruviana Paola Nicoli, anch'ella presente negli Ossi di seppia e ne Le occasioni.
Nel 1924 conosce la giovane di origine peruviana Paola Nicoli, anch'ella presente negli Ossi di seppia e ne Le occasioni.
È il momento dell'affermazione del fascismo, dal quale Montale prende subito le distanze sottoscrivendo nel 1925 il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce.
Montale vive questo periodo nella "reclusione" della provincia ligure,
che gli ispira una visione profondamente negativa della vita.
Soggiorno a Firenze [modifica]
Montale giunge a Firenze nel 1927 per il lavoro di redattore ottenuto presso l'editore Bemporad.
Nel capoluogo toscano gli anni precedenti erano stati decisivi per la
nascita della poesia italiana moderna, soprattutto grazie alle aperture
della cultura fiorentina nei confronti di tutto ciò che accadeva in Europa: le Edizioni de La Voce; i Canti orfici di Dino Campana (1914); le prime liriche di Ungaretti per Lacerba; e l'accoglienza di poeti come Vincenzo Cardarelli e Umberto Saba.
Montale dopo l'edizione degli Ossi del 1925, nel 1929 è chiamato a dirigere il Gabinetto scientifico letterario G. P. Vieusseux (ne sarà espulso nel 1938 per la mancata iscrizione al partito fascista); nel frattempo collabora alla rivista Solaria, frequenta i ritrovi letterari del caffè Le Giubbe Rosse conoscendovi Carlo Emilio Gadda e Elio Vittorini,
e scrive per quasi tutte le nuove riviste letterarie che nascono e
muoiono in quegli anni di ricerca poetica. In questo contesto prova
anche l'arte pittorica imparando dal Maestro Elio Romano l'impasto dei colori e l'uso dei pennelli. Nel '29 è ospite nella casa di Drusilla Tanzi (che aveva conosciuto nel '27) e del marito, lo storico d'arte Matteo Marangoni,[3] casa dove due anni prima gli avevano presentato anche Gerti Frankl.
La vita a Firenze
però si trascina per il poeta tra incertezze economiche e complicati
rapporti sentimentali; legge molto Dante e Svevo, e i classici
americani. Fino al 1948, l'anno del trasferimento a Milano, egli pubblica Le occasioni e le prime liriche di quelle che formeranno La bufera e altro (che uscirà nel 1956). Nel 1943 pubblica
a Lugano la raccolta di poesie Finisterre grazie all'interessamento
dell'avvocato e poeta dialettale Pino Bernasconi, e del critico
letterario Gianfranco Contini, assieme alla raccolta Ultime cose di Umberto Saba, dato che in Italia vi era censura della dittatura fascista[4]. Montale, che non si era iscritto al Partito fascista e dopo il delitto Matteotti era stato firmatario del manifesto crociano, prova subito dopo la guerra ad iscriversi al Partito d'azione, ma ne esce pochissimo tempo dopo.
Soggiorno a Milano
« L'argomento della mia
poesia (...) è la condizione umana in sé considerata: non questo o
quello avvenimento storico. Ciò non significa estraniarsi da quanto
avviene nel mondo; significa solo coscienza, e volontà, di non scambiare
l'essenziale col transitorio (...). Avendo sentito fin dalla nascita
una totale disarmonia con la realtà che mi circondava, la materia della
mia ispirazione non poteva essere che quella disarmonia »
(E. Montale in "Confessioni di scrittori (Intervista con se stessi)", Milano 1976)
L'ultima tappa del viaggio di Montale nel mondo è Milano (dal 1948 alla morte). Diventato collaboratore del Corriere della sera, scrive critiche musicali e reportage culturali da vari paesi (fra cui il Medio Oriente, visitato in occasione del pellegrinaggio di Papa Paolo VI in Palestina).
Scrive altresì di letteratura anglo-americana per la terza pagina,
avvalendosi anche della collaborazione dell'amico americano Henry Furst, il quale gli invia molti articoli su autori e argomenti richiesti dallo stesso Montale.[5]. Nel 1962 sposa Drusilla Tanzi (di dieci anni più anziana di lui) con rito religioso a Montereggi, presso Fiesole (Marangoni era morto nel 1958).
Nel 1956, oltre a La bufera era uscita anche la raccolta di prose Farfalla di Dinard.
Per tornare al "viaggiare" , l'antologia dei suoi reportage porta il
titolo di Fuori di casa (1969). Ma il mondo di Montale è in particolare
la "trasognata solitudine", come la definisce Angelo Marchese, del suo appartamento milanese di via Bigli (dove sarà ancora amorevolmente assistito, alla morte di Drusilla, da Gina Tiossi).
Ultimi anni
Le ultime raccolte di versi, Xenia ('66, dedicata alla moglie Drusilla Tanzi, morta nel 1963), Satura ('71) e Diario del '71 e del '72 ('73),
testimoniano in modo definitivo il distacco del poeta - ironico e mai
amaro - dalla Vita con la maiuscola: «pensai presto, e ancora penso, che
l'arte sia la forma di vita di chi veramente non vive: un compenso o un
surrogato» (Montale, Intenzioni. Intervista immaginaria, Milano '76). Sempre nel '66 Montale pubblicò i saggi Auto da fé, una lucida riflessione sulle trasformazioni culturali in corso.
Anche se poeta trasognato e "dimesso", è anche stato oggetto di riconoscimenti ufficiali: lauree ad honorem (Milano '61, Cambridge '67, Roma '74), nomina a senatore a vita nel '67 per i meriti in campo letterario, epremio Nobel nel '75. Nel pieno del
dibattito civile sulla necessità dell'impegno politico degli
intellettuali, Montale continuò ad essere un poeta molto letto in
Italia.
Eugenio Montale muore a Milano la sera del 12 settembre 1981, un mese prima di compiere 85 anni, nella clinica San Pio X, dove si trovava ricoverato per problemi derivati da una vasculopatia cerebrale. Viene sepolto nel cimitero accanto alla chiesa di San Felice a Ema, sobborgo nella periferia sud di Firenze, accanto alla moglie Drusilla.
Le opere
Le raccolte di versi contengono la storia della sua poesia: Ossi di seppia (1925); Le occasioni (1939); Finisterre (1943); Quaderno di traduzioni (1948); La bufera e altro (1956); Farfalla di Dinard (1956); Xenia(1966); Auto da fè (1966); Fuori di casa (1969); Satura (1971); Diario del '71 e del '72 (1973); Sulla poesia (1976); Quaderno di quattro anni (1977); Altri versi (1980); Diario Postumo (1996; su quest'ultima opera è stato manifestato il dubbio di non autenticità da parte di alcuni studiosi).[6]
Ossi di Seppia
Il primo momento della poesia di Montale rappresenta l'affermazione del motivo lirico. Montale, in Ossi di seppia (1925) edito da Piero Gobetti, afferma l'impossibilità di dare una risposta all'esistenza: in una delle liriche introduttive, Non chiederci la parola,
egli afferma che è possibile dire solo "ciò che non siamo, ciò
che non vogliamo", sottolineando la negatività della condizione
esistenziale. Lo stesso titolo dell'opera designa l'esistenza umana,
logorata dalla natura, e ormai ridotta ad un oggetto inanimato, privo di
vita. In tal modo Montale capovolge l'atteggiamento fondamentale più
consueto della poesia: il poeta non può trovare e dare risposte o
certezze; sul destino dell'uomo incombe quella che il poeta, nella
lirica Spesso il male di vivere ho incontrato, definisce "Divina Indifferenza", ciò che mostra una partecipazione emotiva del tutto distaccata rispetto all'uomo.
La prima raccolta di Montale uscì nel giugno del 1925 e comprende poesie scritte tra il 1916 e
il 1925. Il libro si presenta diviso in otto sezioni: Movimenti, Poesie
per Camillo Sbarbaro, Sarcofaghi, Altri versi, Ossi di
seppia, Mediterraneo, Meriggi ed ombre; a questi fanno da cornice una
introduzione (In limine) e una conclusione (Riviere). Il titolo della
raccolta vuole evocare i relitti che il mare abbandona sulla spiaggia,
come gli ossi di seppia che le onde portano a riva; qualcosa di simile
sono le sue poesie: in un'epoca che non permette più ai poeti di
lanciare messaggi, di fornire un'interpretazione compiuta della vita e
dell'uomo, le poesie sono frammenti di un discorso che resta sottinteso e
approdano alla riva del mare come per caso, frutto di momentanee
illuminazioni. Le poesie di questa raccolta traggono lo spunto iniziale
da una situazione, da un episodio della vita del
poeta, da un paesaggio, come quello della Liguria, per esprimere temi
più generali: la rottura tra individuo e mondo, la difficoltà di
conciliare la vita con il bisogno di verità, la consapevolezza della
precarietà della condizione umana. Si affollano in queste poesie
oggetti, presenze anche molto dimesse che non compaiono solitamente nel
linguaggio dei poeti, alle quali Montale affida, in toni sommessi, la
sua analisi negativa del presente ma anche la non rassegnazione, l'attesa di un miracolo.
L'emarginazione
sociale a cui era condannata la classe di appartenenza, colta e
liberale, della famiglia, acuisce comunque nel poeta la percezione del
mondo, la capacità di penetrare nelle impressioni che sorgono dalla
presenza dei paesaggi naturali: la solitudine da "reclusione" interiore
genera il colloquio con le cose, quelle della riviera ligure, o del
mare. Una natura "scarna, scabra, allucinante", e un "mare fermentante"
dal richiamo ipnotico, proprio del paesaggio mediterraneo.
Il manoscritto autografo di Ossi di Seppia è attualmente conservato presso il Fondo Manoscritti dell'Università di Pavia.
Le occasioni
In Le occasioni (1939) la poesia è fatta di simbolo di analogia, di enunciazioni lontane dall'abbandono dei poeti ottocenteschi. Il
mondo poetico di Montale appare desolato, oscuro, dolente, privo di
speranza; infatti, tutto ciò che circonda il poeta è guardato con pietà e
con misurata compassione. Simbolica la data di pubblicazione, 14 ottobre 1939, poco dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Il fascicolo di poesie è dedicato a una misteriosa I.B, iniziali della poetessa e dantista americana Irma Brandeis, di origini ebraiche e perciò costretta a rimpatriare dopo la promulgazione delle leggi razziali.
La
memoria è sollecitata da alcune "occasioni" di richiamo, in particolare
si delineano figure femminili, per esempio la fanciulla conosciuta in
vacanza a Monterosso, Annetta-Arletta (già presente negli Ossi), oppureDora Markus, della omonima poesia: sono nuove "Beatrici" a cui il poeta affida la propria speranza.[7]
La figura della donna, soprattutto Clizia (senhal di
Irma), viene perseguita da Montale attraverso un'idea lirica della
donna-angelo, messaggera divina. I tratti che servono per descriverla
sono rarissimi, ed il desiderio è interamente una visione dell'amore
fortemente idealizzata, che non si traduce necessariamente in realtà.
Nel contempo il linguaggio si fa meno penetrabile e i messaggi sono
sottintesi, e anche se non di unermetismo irrazionale, espressione di una sua personale tensione razionale e sentimentale.
In Le
occasioni la frase divenne più libera e la riflessione filosofica,
molto presente nella poesia di Montale, diviene più vigorosa. Il poeta
indaga le ragioni della vita, l'idea della morte, l'impossibilità di
dare una spiegazione valida all'esistenza, lo scorrere inesorabile del tempo (Non recidere, forbice, quel volto).
La bufera e altro
Sono componimenti riguardanti temi di guerra e di dolore pubblicati nel 1956. Nel poeta ligure confluiscono quegli spiriti della "crisi" che la reazione anti-dannunziana aveva generato fin dai Crepuscolari:
tutto ciò che era stato scritto con vena ribelle nel brulicante mondo
poetico italiano tra le due guerre, in lui diventa possibilità di
scoprire altre ragioni per essere poeti.
Negli ultimi anni Montale
approfondì la propria filosofia di vita, quasi temesse di non avere
abbastanza tempo "per dire tutto" (quasi una sensazione di vicinanza
della morte); Xenia (1966)
è una raccolta di poesie dedicate alla propria moglie defunta, Drusilla
Tanzi, amorevolmente soprannominata "Mosca" per le spesse lenti degli
occhiali da vista[8]. Il titolo richiama xenia, che nell'antica Grecia erano i doni fatti all'ospite, e che ora dunque costituirebbero il dono alla propria moglie. Le poesie di Xenia furono pubblicate insieme alla raccolta Satura, con il titolo complessivo Satura, nel gennaio 1971. «Con questo libro - scrive Marco Fortinel
risvolto di copertina dell'edizione Mondadori - Montale ha sciolto il
gran gelo speculativo e riepilogativo della Bufera e ha ritrovato,
semmai, la varietà e la frondosità, la molteplicità timbrica, lo scatto
dell'impennata lirica e insieme la "prosa" che, già negli Ossi di
seppia, costituirono la sua sorprendente novità.»
La poetica e il pensiero
Montale ha scritto
relativamente poco: quattro raccolte di brevi liriche, un "quaderno" di
traduzioni di poesia e vari libri di traduzioni in prosa, due volumi di
critica letteraria e uno di prose di fantasia. A ciò si aggiungono gli articoli della collaborazione al Corriere della sera. Il quadro è perfettamente coerente con l'esperienza del
mondo così come si costituisce nel suo animo negli anni di formazione,
che sono poi quelli in cui vedono la luce le liriche della raccolta Ossi di seppia.
La
poesia è per Montale principalmente strumento e testimonianza
dell'indagine sulla condizione esistenziale dell'uomo moderno, in cerca
di un assoluto che è però inconoscibile. Tale concezione poetica –
approfondita negli anni della maturità, ma mai rinnegata – non
attribuisce alla poesia uno specifico ruolo di elevazione spirituale;
anzi, Montale al suo lettore dice di "non chiedere la parola", non
"domandare" la "formula" che possa aprire nuovi mondi. Il poeta può solo
dire "ciò che non siamo": è la negatività esistenziale vissuta
dall'uomo novecentesco dilaniato dal divenire storico.
A
differenza delle "illuminazioni" ungarettiane, Montale fa un ampio uso
di idee, di emozioni e di sensazioni più indefinite. Egli cerca una
infatti soluzione simbolica (il "correlativo oggettivo", contemporaneamente adottato da Thomas Stearns Eliot)
in cui la realtà dell'esperienza diventa una testimonianza di vita.
Proprio in alcune di queste immagini il poeta crede di trovare una
risposta, una soluzione al problema del "male di vivere": ad esempio, il mare (in Ossi di seppia) o alcune figure di donne che sono state importanti nella sua vita.
La poesia di Montale assume dunque il valore di testimonianza e un preciso significato morale: Montale esalta lo stoicismo etico
di chi compie in qualsiasi situazione storica e politica il proprio
dovere. Rispetto a questa visione, la poesia si pone per Montale come
espressione profonda e personale della propria ricerca di dignità e del
tentativo più alto di comunicare fra gli uomini. L'opera di Montale è,
infatti, sempre sorretta da un'intima esigenza di moralità, ma priva di
qualunque intenzione moralistica: il poeta non si propone come guida
spirituale o morale per gli altri; attraverso la poesia egli tenta di
esprimere la necessità dell'individuo di vivere nel mondo accogliendo
con dignità la propria fragilità, incompiutezza, debolezza.
Montale non credeva all'esistenza di «leggi immutabili e fisse» che regolassero l'esistenza dell'uomo e della natura; da qui deriva la sua coerente sfiducia in qualsiasi teoria filosofica, religiosa, ideologica che avesse la pretesa di dare un inquadramento generale e definitivo, la sua diffidenza verso coloro che proclamavano fedi sicure. Per il poeta la realtà è segnata da una insanabile frattura fra l'individuo e il mondo, che provoca un senso di frustrazione e di estraneità, un malessere esistenziale. Questa condizione umana è, secondo Montale, impossibile da sanare se non in momenti eccezionali, veri stati di grazia istantanei che Montale definisce miracoli, gli eventi prodigiosi in cui si rivela la verità delle cose, il senso nascosto dell'esistenza.
Montale non credeva all'esistenza di «leggi immutabili e fisse» che regolassero l'esistenza dell'uomo e della natura; da qui deriva la sua coerente sfiducia in qualsiasi teoria filosofica, religiosa, ideologica che avesse la pretesa di dare un inquadramento generale e definitivo, la sua diffidenza verso coloro che proclamavano fedi sicure. Per il poeta la realtà è segnata da una insanabile frattura fra l'individuo e il mondo, che provoca un senso di frustrazione e di estraneità, un malessere esistenziale. Questa condizione umana è, secondo Montale, impossibile da sanare se non in momenti eccezionali, veri stati di grazia istantanei che Montale definisce miracoli, gli eventi prodigiosi in cui si rivela la verità delle cose, il senso nascosto dell'esistenza.
Alcuni
caratteri fondamentali del linguaggio poetico montaliano sono i
simboli: nella poesia di Montale compaiono oggetti che tornano e
rimbalzano da un testo all'altro e assumono il valore di simboli della
condizione umana, segnata, secondo il poeta, dal malessere esistenziale,
e dall'attesa di un avvenimento, un miracolo, che riscatti questa
condizione rivelando il senso e il significato della vita. In Ossi di
seppia il muro è il simbolo negativo di uno stato di chiusura e
oppressione, mentre i simboli positivi che alludono alle possibilità di
evasione, di fuga e di libertà, sono l'anello che non tiene, il varco,
la maglia rotta nella rete. Nelle raccolte successive il panorama
culturale, sentimentale e ideologico cambia, e quindi risulta nuova
anche la simbologia. Per esempio nella seconda raccolta, Le occasioni,
diventa centrale la figura di Clizia, il nome letterario che allude alla
giovane ebrea-americana Irma Brandeis, (italianista ed intellettuale) amata da Montale[9],
che assume una funzione "angelico-salvifica" e dalla quale è possibile
aspettare il miracolo da cui dipende ogni residua possibilità di
salvezza esistenziale.
Note
^ Ceschi, 1998, 543.
^ La vicenda venne rivelata da Mario Soldati nel racconto "Due amici", per l'appunto Montale e Furst, nel volume Rami secchi (Rizzoli 1989) e soprattutto da Marcello Staglieno, con la pubblicazione su una terza pagina deil Giornale diretto da Indro Montanelli di
alcune delle lettere inedite di Montale all'amico. Si veda, per
esempio, Marcello Staglieno (a cura di), «Enrico aiutami: è una vita
impossibile», lettere inedite di Eugenio Montale a Henry Furst, in "Il
Giornale", 24 ottobre 1989, p. 3, che comprende la prosa poetica
montaliana, dedicata a Furst, "Il lieve tintinnìo del collarino", 1943
^ È stato manifestato in particolare per es. da Dante Isella e Giovanni Raboni (Intervento di Raboni sul Corriere, 16-10-98), in contrapposizione al riscontro positivo di Maria Corti, Rosanna Bettarini e Angelo Marchese(vd. anche L'Universale-La grande enciclopedia tematica 4, Garzanti, Milano 2003, p.680).
^ Quasi
tutte le figure femminili dei versi montaliani corrispondono in molti
tratti a persone reali; nelle Occasioni Liuba soltanto, per ammissione
del poeta, è un personaggio "inventato" rispetto a quello reale (vd.
ancheRomano Luperini Storia di Montale Laterza, 1992)
^ Con Drusilla aveva condiviso anche la passione letteraria per Italo Svevo, che era venuto a trovarli a Firenze con la moglie Livia.
Bibliografia
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Gianfranco Contini, Una lunga fedeltà. Scritti su Eugenio Montale, Einaudi, Torino 1974
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Vincenzo Guarna, Il terzo tempo dell'itinerario poetico di Eugenio Montale, in «Misure critiche» - Anno VII, Fascicolo 22, gennaio-marzo 1977
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Maria Luisa Spaziani, Montale e la Volpe, Mondadori, 2011
Voci correlate
Collegamenti esterni
Montale da "Satura" ad "Altri versi": costellazioni semantiche ed analisi linguistica - tesi di laurea di Alessandro Di Nicola, raggiungibile anche da http://www.alessandrodinicola.it/scritti-di-letteratura/
(EN) Biografia di Eugenio Montale sul sito ufficiale del Premio Nobel
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